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Riconoscere la violenza psicologica

La violenza psicologica, all'interno di una relazione di coppia non è affatto facile da riconoscere, anche per chi ne è vittima. Parliamo di un tipo di violenza manipolatoria e insidiosa che mira ad una metodica e graduale distruzione dell'autostima dell'altro.
Cosa rende "sopportabile", scusabile la violenza alla vittima?
Il processo dell'azione di questa violenza si basa su una promessa che diventa la base per un illusione.
La promessa può essere:
siamo una coppia,
non ti lascerò,
ti amo,
siamo una famiglia, ecc...
L'illusione quindi diventa:
siamo una famiglia,
lui mi ama,
lui mi resterà accanto e non mi lascerà sola, ecc...
Senza promessa e illusione non funzionerebbe. Esse creano i presupposti, le basi del "sopportare", dello sperare sia stato solo un "momento", del voler credere sia solo un "periodo" che passerà, le cose cambieranno, tutto si sistemerà.
Una volta che il meccanismo ha fatto presa, come una colla... il gioco è fatto, la spirale si è innescata.
La compagna o moglie e i bambini sono le vittime naturali di questo processo.
I bambini non hanno scelta, quella è la loro casa, quello è il loro padre.
Il luogo dove dovrebbero trovare maggiore sicurezza può invece diventare un luogo di tortura psichica e a volte anche fisica.
Cos'è in altre parole la violenza psicologica? oppressione, umiliazione, derisione, aggressività verbale, offese, urla, critiche, svalutazione. I modi sono moltissimi. Una serie di comportamenti volti a limitare la libertà personale e individuale della donna e a isolarla socialmente minando i rapporti con la sua famiglia e i suoi amici. Ricatto, senso di colpa e minaccia sono gli strumenti d'elezione.
Dall'altra parte non c'è ammissione di colpa ovviamente: l'uomo dirà che si tratta solo di ironia, di battute spiritose. Perchè la donna sta esagerando: è pazza, è un'isterica, è fragile, è debole, è permalosa, è instabile, è troppo emotiva, è fragile di nervi, è troppo sensibile. O semplicemente quello che lei dice non è vero, è frutto della sua fantasia.
Insomma il problema e la colpa, naturalmente, è della donna.
Spesso il tessuto sociale della donna, sorelle, amiche, familiari, vicini di casa e anche istituzioni posso colludere con questa minimizzazione del suo vissuto. Possono rimanere spiazzati e mettersi sulla difensiva, mettere in dubbio:beh, "anche la donna deve mettersi in discussione" e poi... "bisogna ascoltare entrambe le campane!"... "in una coppia le colpe sono al 50 %!"... E poi "la donna tende sempre a fare la vittima, forse vuole attirare l'attenzione", forse è lei a provocarlo e soprattutto non è lei che si è messa in quella situazione comunque? No?
...NO!
Questo mancato riconoscimento da parte del tessuto sociale della donna può essere dolorosissimo e accentuare la confusione della donna che già trova faticosissimo parlare e confidare la tragedia che vive, che è così difficile da spiegare e da raccontare. 

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