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MANIPOLAZIONE EMOTIVA E VIOLENZA PSICOLOGICA

Le trappole della manipolazione emotiva: MEGLIO POCO CHE NIENTE

Abbiamo bisogno di qualcosa o qualcuno per essere felici?
Va bene l'uomo è un animale sociale, ok.
Ma non è di socialità che stiamo parlando, vero?
Bisogno, dipendenza, fragilità, ansia, ossessività, paura... relazioni di coppia che invece di basarsi sul reciproco sostegno, sull'empatia, sul rispetto si basano sul tentativo di rivivere e rimettere in atto quel nodo dove ci siamo bloccati, quel trauma che ci ha lasciato in pezzi che non riusciamo a riunire. Siamo in grado di stare con gli altri senza ansia, senza paura?
Riusciamo a star loro vicini senza gelosia o invidia o rabbia o angoscia?
Siamo davvero cresciuti abbastanza per amare ed essere riamati in un rapporto alla pari?
Senza che l'altro diventi il nostro genitore oppure il nostro bambino? O la nostra vittima? O il nostro carnefice? Possiamo vedere l'altro? Possiamo scorgerlo o indovinarlo dietro la nebbia delle nostre proiezioni, illusioni, speranze, aspettative, desideri?
Ci accontenteremo allora di quel che c'è... perchè anche la tragedia e la disperazione ci sembrerà meglio del vuoto, della solitudine, dell'ansia, dei brutti ricordi, delle parole di nostra nonna o di nostro padre che continuano a tornarci in mente ogni volta che ci sentiamo inadeguate?
Ci ritroviamo in una relazione sbagliata ma non è forse meglio di niente?
NO!
Possiamo farci aiutare, possiamo crescere e diventare più forti, possiamo diventare autonome, indipendenti, possiamo amare noi stesse e riempire le nostre falle, affrontare le nostre fragilità, curare le vecchie ferite, cambiare pelle e un giorno guardare all'altro senza bisogno, senza paura.

Le trappole della manipolazione emotiva: L'ILLUSIONE

Come rispondere? Come difendersi? Come non cadere nel tranello?
Tralasciando cosa c'è sotto a questo tipo di comportamento,
tralasciando il consiglio di allontanarsi il più in fretta possibile da questo tipo di persona...
Che fare?
La rabbia si accumula dentro di voi e non trova via di sfogo.
Le domande e i perché si accumulano come scorie tossiche nella vostra psiche senza che troviate risposte e pace.
Rispondere vi farà probabilmente passare dalla "parte del torto", dopotutto non aspetta altro che reagiate e che giochiate la vostra parte e il ruolo che lui vi ha assegnato nel teatrino.
Non rispondere e trattenere la rabbia e le parole può essere altrettanto deleterio.
Cosa è successo?
Siete state ingenue?
Troppo buone?
Avete perdonato le prime offese alle prime scuse?
Le maglie del desiderio, della speranza, dell'illusione, di come avete immaginato l'altro e di chi credevate di conoscere vi riportano sempre al punto di partenza come in un gioco folle da cui non riuscite ad uscire? Avete pensato che l'altro dopotutto non è tutto cattivo, ci sono delle parti buone, non si può buttar via tutto, mandare tutto all'aria. Il tempo e le energie che avete investito in questa relazione...
Quanto può essere doloroso ammettere di aver sbagliato?
Capire che l'altro non è necessariamente come noi. Non è una questione di punti di vista.
Non è una questione di comunicazione.
Non è una questione di "in una coppia si è in due a far andare le cose".
La questione è sempre un'altra e voi non capite proprio. Se è capitato a voi, se questo succede proprio a voi forse finirete per credere di avere la vostra parte in questa cosa. Forse se scopriste cosa fare, come fare, per farlo contento, per non provocarlo più, per non fargli più saltare i nervi, ci dev'essere il modo per andare d'accordo, in fondo è così carino quando vuole. Forse dipende da voi? Forse dovete provarci ancora? Avere pazienza. Forse è solo un periodo e passerà.

NO.

L'armamentario del manipolatore emotivo

Il manipolatore emotivo si nutre dell'energia della sua preda.
Tesse lentamente la sua fitta tela e dosa nel tempo la sua azione.
La violenza è una spirale confusiva fatta di alti e bassi. Ma anche l'intervallo tra due episodi di violenza non è ovviamente un periodo sereno. La tensione, l'ansia, la paura che si prova in attesa del prossimo episodio di violenza può danneggiare l'equilibrio psichico ed emotivo della vittima allo stesso modo se non di più del momento in cui si scatena la "furia". L'ingrediente di base è la dipendenza emotiva e una calibrazione fine della dose di distanza-vicinanza.
Il contatto emotivo e la dipendenza affettiva, quello che chiamiamo amore ecco... è necessario a intrappolare l'altro, a impedirgli di scappare e sottrarsi alla violenza. La vicinanza della vittima la rende vulnerabile, scoperta, soggetta a cadere nell'illusione di speranze sempre disattese. La freddezza è il rovescio della medaglia di questo sali e scendi, serve a far sentire incolpa, a punire e umiliare. è il momento del silenzio, delle non risposte e della chiusura. La donna si perde in mille domande che non sa più se osare porre, chiede spiegazioni, non capisce il perché. Spesso sono proprio questi perché e queste richieste della donna che si è ritrovata smarrita e delusa a scatenare la rabbia dell'uomo. E arriva l'attacco, la rabbia, la violenza. Uno scacco metodico e graduale, ogni volta più profondo, all'autostima della vittima. La donna si ritrova smarrita, dov'è l'uomo che ama? Quello che solo pochi giorni fa la guardava teneramente facendole promesse? Non sa con chi parlarne, come spiegare... ci si ritrova confusi soprattutto perché non si alcun modo di capire.
Il primo passo è proprio parlarne.
Uscire da quella sensazione di stigma, rispetto agli altri, di vergogna.
Quella sensazione di mondo parallelo, di essere le uniche al mondo e "perchè proprio a me?"
Capire di non essere sole e "le sole" è un grande passo. Non c'è qualcosa di sbagliato in noi, non è colpa nostra. La violenza non è MAI giustificabile e la colpa è esclusivamente dell'aggressore.
Il comportamento del manipolatorio è motivato da un intento parassitario. Il suo fine è sfruttare e approfittare.
Per raggiungere il suo intento può:
MENTIRE,
ISOLARE,
RICATTARE,
CONFONDERE,
METTERE IN DUBBIO,
SVALUTARE,
CRITICARE,
FALSARE LA REALTÁ,
FINGERE,
può costringerci, con la scusa della gelosia o di volerci proteggere, a non frequentare più amici o familiari,
può metterci contro le persone a noi vicine, instillandoci dubbi o criticandone il comportamento,
può raccontarci che siamo troppo buone o tonte e che gli altri si approfittano di noi, ad esempio può dire: "ma non vedi che tutti ti usano e appena giri le spalle ti prendono in giro?"
oppure: "tua sorella è solo un'egoista, non ti vuole veramente bene!"
oppure: "quando hai bisogno tu come mai loro non ci sono mai? Solo tu devi correr sempre?"
oppure " ah come ti sanno prendere, non ti accorgi di come ti abbindolano e tu scema che ci credi!".
può negare l'evidenza più lampante, dandoci della: pazza, scema, isterica, instabile, fragile, fantasiosa, debole, ecc...
Può usare la presenza di un figlio per farvi sentire inadeguate, può dire al figlio ad esempio: "non preoccuparti, mamma è solo nervosa, mamma è di cattivo umore oggi!",
davanti ai figli o davanti ad altre persone può mettervi in imbarazzo, in confusione, in situazioni paradossali, può spiazzarvi, per dimostrare agli altri (a voi stesse soprattutto) che siete instabili, permalose, inadeguate.
Un'altro strumento è fare i finti tonti, falsando la vostra percezione della realtà "ma davvero? ma cosa? non capisco?".
Prima verrete provocate e poi appena reagirete "ma cosa dici? Perchè? Io? Ma quando? Hai capito male!".
Vi verrà in mente che sta cercando di farvi impazzire...

Perchè è così difficile riconoscere e difendersi dalla violenza psicologica

La violenza psicologica, all'interno di una relazione di coppia non è affatto facile da riconoscere, soprattutto per chi la subisce. La donna può non rendersi conto, soprattutto all'inizio, di subire violenza. Parliamo di un tipo di violenza manipolatoria e insidiosa che mira ad una metodica e graduale distruzione dell'autostima dell'altro. La donna non conosce il motivo della rabbia che si scatena contro di lei perchè non le viene detto, le resta negato: spesso il reale motivo o provoca vergogna o addirittura sfugge alla consapevolezza dell'uomo perchè intervengono processi quali la negazione, la rimozione, lo spostamento o la scissione. Quale che sia il motivo, supponiamo, l'uomo potrebbe essersi sentito frustrato, svalutato, umiliato. Allora deve "scaricare", sfogare, spostare il problema, rifarsi e trovare soddisfazione...
Appena si richiude l'uscio di casa, al riparo delle mura domestiche può dare libero sfogo a quell'aggressività che supponiamo abbia dovuto reprimere.
La compagna o moglie e i bambini sono le vittime naturali di questo processo. I bambini non hanno scelta, quella è la loro casa, quello è il loro padre. Il luogo dove dovrebbero trovare maggiore sicurezza può invece diventare un luogo di tortura psichica e a volte anche fisica.
Parlando di violenza psicologica voglio intendere: oppressione, umiliazione, derisione, aggressività verbale, offese, urla, critiche, svalutazione. I modi sono moltissimi. Una serie di comportamenti volti a limitare la libertà personale e individuale della donna e a isolarla socialmente minando i rapporti con la sua famiglia e i suoi amici. Ricatto, senso di colpa e minaccia sono gli strumenti d'elezione.
Dall'altra parte non c'è ammissione di colpa ovviamente: l'uomo dirà che si tratta solo di ironia, di battute spiritose. Perchè la donna sta esagerando: è pazza, è un'isterica, è fragile, è debole, è permalosa, è instabile, è troppo emotiva, è fragile di nervi, è troppo sensibile. O semplicemente quello che lei dice non è vero, è frutto della sua fantasia.
Insomma il problema e la colpa, naturalmente, è della donna.
Spesso il tessuto sociale della donna, sorelle, amiche, familiari, vicini di casa e anche istituzioni posso colludere con questa minimizzazione del suo vissuto. Possono rimanere spiazzati e mettersi sulla difensiva, mettere in dubbio:beh, "anche la donna deve mettersi in discussione" e poi... "bisogna ascoltare entrambe le campane!"... "in una coppia le colpe sono al 50 %!"... E poi "la donna tende sempre a fare la vittima, forse vuole attirare l'attenzione", forse è lei a provocarlo e soprattutto non è lei che si è messa in quella situazione comunque? No?
...NO!
Questo mancato riconoscimento da parte del tessuto sociale della donna può essere dolorosissimo e accentuare la confusione della donna che già trova faticosissimo parlare e confidare la tragedia che vive, che è così difficile da spiegare e da raccontare. 

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